L'anestesista-rianimatore, uno specialista indispensabile per i pazienti in sala operatoria

Intervista al Dott. Antonio Rago, anestesista-rianimatore di Maria Cecilia Hospital - struttura d’eccellenza di GVM Care & Research, gruppo sanitario italiano  fondato e presieduto da Ettore Sansavini - in vista della prima giornata nazionale per la sicurezza in Anestesia e Rianimazione che si terrà sabato 1° Marzo: l' iniziativa SICURA. Nata dalla volontà di SIAARTI (Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva) l'evento si pone l’obiettivo di far conoscere meglio la figura dell’anestesista-rianimatore.  
“Comprendere meglio quali sono gli “step” di avvicinamento alla sala chirurgica – spiega il Dottor Antonio Rago - induce una maggiore consapevolezza nel paziente, riducendo in modo sensibile lo stress preparatorio così da eliminare paure ingiustificate. Gli anestesisti-rianimatori italiani sono in prima linea per prevenire le complicanze”    
 Dottor Rago, chi è l’anestesista-rianimatore? E come s’interfaccia con il team dei chirurghi? “Sabato 1 ° marzo, all’interno del corner allestito qui a Maria Cecilia Hospital, risponderemo a tutte le domande che i cittadini vorranno proporci in occasione della giornata nazionale per la sicurezza in Anestesia e Rianimazione. Più in sintesi, posso dire che siamo medici con precise e qualificate conoscenze specialistiche. Medici chiamati a sorvegliare da vicino il paziente: prima, durante e dopo l’intervento chirurgico. Il nostro compito si articola sostanzialmente in tre fasi: a) la fase di anamnesi attraverso la quale ci proponiamo di indagare accuratamente l’intera storia clinica del malato. La conoscenza del suo “status” – eventuali allergie ai farmaci, malattie del sistema immunitario, deficit cardiovascolari o altro - è fondamentale ai fini della buona riuscita. Il paziente va “condotto” in sala operatoria nella migliore condizione psico-fisica possibile; b) la fase di sorveglianza dei parametri vitali - tra cui battito cardiaco, respirazione, pressione arteriosa - durante il lavoro del team chirurgico. L’anestesia può essere paragonata ad un volo sul quale noi vigiliamo affinché tutto proceda correttamente; c) la fase del risveglio e quindi del graduale ritorno alla normalità”. Il tempo di preparazione, prima dell’ingresso in sala operatoria, è sempre lo stesso per ogni tipo d’intervento chirurgico? “Assolutamente no. E’ molto variabile e non potrebbe essere diversamente. Viene modulato rispetto alla complessità dell’intervento. Strumentazioni e macchinari, ad altissima tecnologia ed affidabilità come quelli in dotazione presso le strutture GVM, contribuiscono in modo significativo al lavoro degli specialisti pronti a risolvere situazioni piuttosto impegnative e critiche. In cardiochirurgia, ad esempio, dobbiamo prevedere una preparazione molto più dettagliata rispetto ad un intervento di ernia inguinale; le problematiche di ben altra entità alle quali potremmo essere chiamati a rispondere una volta in sala operatoria, devono essere contemplate con buon margine d’anticipo”. Cardiochirurgia a parte, quale è la percentuale degli interventi eseguiti in anestesia generale e in anestesia locale?
“Per gli interventi maggiori – vedi cardiochirurgia e neurochirurgia - non possiamo prescindere dall’anestesia generale; in questi casi il paziente è completamente addormentato. In altre situazioni, quali la chirurgia ortopedica o la chirurgia protesica, e qui al Maria Cecilia Hospital ci muoviamo anche in questa direzione, possiamo affidarci più all’anestesia loco-regionale (periferica) con un ottimo gradimento da parte dei pazienti ed ottimi risultati nelle fasi successive alla sala operatoria”. Nei casi di anestesia periferica, il “paziente collaborante” agevola il lavoro dell’anestesista-rianimatore? “Sicuramente. Lo stato collaborativo o di coscienza del paziente è utile anche ai fini di una migliore gestione del dolore post-operatorio. In questi casi l’impiego di farmaci iniettati direttamente nello spazio peridurale si riverbera positivamente nella fase fisioterapica: la ripresa è più veloce e si ha una netta diminuzione delle possibili complicanze da immobilizzazione. L’anestesia “periferica” ha indubbi vantaggi ma solo, ripeto, se riferita a situazioni praticabili”. I farmaci utilizzati in che misura aiutano il lavoro dell’anestesista-rianimatore? Richiedono un’ulteriore sorveglianza da parte dello specialista? “La tecnologia di produzione è in continua evoluzione. Grazie alle tecniche di monitoraggio ora disponibili l’anestesia è una delle specialità mediche più sicure, specie se riferita a qualche decennio fa. Per la cardiochirurgia il Maria Cecilia Hospital rappresenta un centro di altissima profilatura riconosciuto a livello internazionale; altri ambiti specialistici quali la neurochirurgia e la chirurgia ortopedica danno poi ottimi riscontri in termini di risultati e accessi. Dal punto di vista infrastrutturale, il nuovo blocco operatorio e la nuova terapia intensiva – 24 posti letto a disposizione – sono quanto di più all’avanguardia è possibile avere oggi in Italia”.Guardando alla medicina del futuro, potremo mai fare ameno dell’anestesista-rianimatore? “No, mai. E’ più facile fare a meno di altre figure mediche ma dall’anestesista-rianimatore non sarà possibile prescindere”.  Per saperne di più  > clicca qui 
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