Il Prof. Ventura spiega il ruolo della medicina rigenerativa oggi.
Il Direttore dello “Stem Wave Institute for Tissue Healing" (SWITH) della Fondazione Ettore Sansavini per la Ricerca Scientifica interviene in occasione del Congresso Europeo dei manager degli Ospedali pubblici e privati che si tiene a Bologna il 13 e 14 ottobre
L’aumento della vita media comporta la necessità di un allungamento del periodo di attività lavorativa e di un miglioramento delle condizioni di efficienza fisica e mentale anche nei soggetti anziani, ma implica inevitabilmente anche un aumento di neoplasie e patologie non curabili con le terapie attualmente a disposizione. Allo stesso tempo nasce la necessità di sviluppare terapie capaci di sostituire o rigenerare organi danneggiati da processi patologici o traumi.
L’ ingegneria dei tessuti partendo sul campo di sviluppo dei biomateriali si pone come base su cui potere combinare scaffolds, cellule, molecole biologicamente attive che diventano biocompositi completamente funzionali in grado di ripristinare, mantenere o migliorare tessuti o organi danneggiati: un esempio di tale tecnologia cosi’ avanzata lo si puo’ vedere nella cute artificiale e nella cartilagine dove anche la Federal Drug Administration ha approvato e reso applicabili negli ospedali tali tessuti. Rimangono comunque ancora grosse limitazioni nella applicazione sull’uomo delle diverse biotecnologie.
La Medicina rigenerativa rappresenta un vastissimo campo che include la bioingegneria tissutale ma che si contraddistingue nella ricerca sulla auto-guarigione (self-healing) dove il corpo utilizza tutti i suoi propri meccanismi, ancorche’ talora con l’aiuto di materiale estraneo biologico, per ricreare le cellule, ricostruire i tessuti e riparare gli organi danneggiati da malattie, traumi o semplice invecchiamento e quindi di ripristinare quelle funzioni perse degli organismi viventi.
É una scienza fortemente multidisciplinare in cui si uniscono conoscenze di ingegneria, biologia cellulare/ molecolare, fisica matematica, scienze dei materiali, chimica allo scopo di sviluppare, produrre e commercializzare sostituti biologici che consentano di migliorare il funzionamento, curare o riparare tessuti biologici o addirittura sostituire tessuti distrutti (ad esempio, muscoli, ossa, cartilagini, vasi sanguigni ecc.). Ne risulta pertanto che i termini di ingegneria tissutale e medicina rigenerativa vengono utilizzati in maniera similare come percorsi intesi a curare o meglio guarire anziche’ trattare patologie complesse e cronicizzate che non trovavano ancora una efficace risoluzione. La sfida dell’ingegneria tissutale è duplice: da un lato si tratta di individuare un supporto adatto che contenga le cellule e nel quale le cellule siano in grado di orientarsi per formare strutture stratificate e, dall’altro lato, si tratta di studiare e di riprodurre le condizioni che consentano alle cellule di crescere, moltiplicarsi e differenziarsi nei diversi tipi di tessuti. Il materiale bioartificiale dello scaffold rappresenta quindi una struttura temporanea che fa da homing alle cellule, ne promuove la rigenerazione, la giusta direzione e l’orientamento.
I requisiti per un scaffold sono numerosi, come essere bio-compatibili e citocompatibili, fornire adeguate proprietà meccaniche e adeguato tempo di degradazione. Viste le grandi difficoltà tecniche, il fabbisogno di ricerca nel settore dell’ingegneria tissutale rimane notevole. Ma questo campo continua ad evolversi in tempi rapidissimi: in associazione alle applicazioni mediche percorsi alternativi permettono oggi di ottenere importanti risultati utilizzando i tessuti come bio-sensori in grado di selezionare e gli agenti biologici o chimici in grado di trattare determinate lesioni o in alternativa chips tissutali sono utilizzabili come percorsi per testare la eventuale tossicità di una medicazione sperimentale.
Siamo immersi nella natura vibratoria Universo, comprendente sia vibrazioni elettromagnetiche che suoni. Le nostre cellule, incluse le cellule staminali che risiedono in ogni tessuto del corpo umano producono e percepiscono energie fisiche come campi magnetici, e oscillazione meccaniche. Una gran mole di dati dimostra che le dinamiche essenziali della biologia cellulare (livelli citoplasmatici del calcio, profili di espressione genica e proteica) sono regolate in maniera ritmica: il profilo oscillatorio di un evento rappresenta esso stesso un portale di informazioni.
Il riconoscimento fra molecole segnale è anche indissolubilmente legato alla natura oscillatoria dei componenti subcellulari. La vecchia concezione di una interazione molecolare del tipo “chiave-serratura” non regge di fronte al fatto che le reazioni cellulari mostrano caratteristiche di tempestività e di connessione ad ampio raggio che accadono con velocità troppo elevate per poter essere spiegate esclusivamente sulla base di una semplice diffusione molecolare nell’ambiente acquoso intracellulare. La maggior parte delle molecole d’acqua è associata a strutture subcellulari, che sono costantemente in movimento, oscillanti, come il citoscheletro e il nucleoscheletro, formando una sorta di network tessile che ingloba il nucleo, i mitocondri e il reticolo endoplasmatico, creando seri problemi ad un traffico meramente diffusivo di molecole segnale.
Se pensiamo alle proteine cellulari in termini fisici, possiamo vedere come alcuni dei loro motivi altamente conservati e ripetuti, quali strutture ad alfa-elica e le anse che connettono le alfa-eliche tra loro, siano rispettivamente assimilabili ad un sistema di molle e connettori, in grado di rendere una singola proteina capace di vibrare in una sorta di risonanza di fase. Questo oscillatore (la proteina) è come un metronomo, che grazie alla presenza di motori molecolari come kinesine o dineine, è in grado di muoversi lungo il cito-nucleoscheletro, dove i microtubuli agiscono come una rete elastica dissipativa delle principali differenze ritmiche tra i vari oscillatori che compongono l’insieme delle molecole segnale. A testimoniare quanto questo ambito sia capace di aprire la strada verso nuovi paradigmi sta l’assegnazione del premio Nobel per la Chimica del 2016 a Jean-Pierre Sauvage, Sir J. Fraser Stoddart e Bernard L. Feringa per le loro ricerche sulla natura dei motori molecolari naturali e sulla realizzazione di nanomacchine mediante approcci di nanofabbricazione.
A livello cellulare la rete dei microtubuli e dei motori molecolari costituisce un contesto che facilita e promuove il raggiungimento di stati di sincronizzazione fra gli andamenti vibrazionali di più oscillatori (molecole segnale). La vibrazione in fase di tali oscillatori corrisponde di per sé ad una forma di riconoscimento biomolecolare che non necessita della interazione diretta tra molecole. Questo intero approccio getta uno sguardo sia sulla nanomeccanica, sia sulla “Quantum Field Theory”, dal momento che la sfida maggiore non sta nell’approcciare il singolo evento di per sé, ma piuttosto nell’indagare come andamenti oscillatori multipli siano in grado di condividere informazioni.
I microtubuli cellulari, con le loro intrinseche modalità di vibrazione e polarità elettrica, risultano in grado di generare campi elettrici ad alta frequenza con caratteristiche di irraggiamento. Questo campo oscillante appare essere di grande importanza per l’organizzazione intracellulare e l’interazione intercellulare. In una gran varietà di cellule è stata sperimentalmente rilevata una attività elettrodinamica nella regione di frequenze comprese fra kHz e GHz, dimostrando come i microtubuli siano la fonte di tale attività. Sono state addirittura rivelate proprietà di commutazione di livelli di memoria nei profili di conduttività elettrica a livello di singoli microtubuli in vitro. In particolare, assimilando i microtubuli a nanostrutture cave, utilizzando un approccio combinato di “Scanning Tunneling Microscopy (STM) e Atomic Force Microscopy (AFM) è emerso come lo stato di memoria conduttiva in questi elementi sia associato ad una modulazione fine del riarrangiamento strutturale del microtubulo e dei suoi elementi costitutivi, le tubuline, creando definite configurazioni di simmetria nella architettura del microtubulo in fase di polimerizzazione in vitro. I microtubuli possono essere quindi visti come dispositivi in grado di memorizzare ed elaborare informazioni, un pò come uno switch della flash memory nel chip di un computer.
La capacità delle cellule di generare e modulare campi elettromagnetici è anche il fondamento per considerare la possibilità di dirigere il destino cellulare mediante energie fisiche. Al riguardo, abbiamo dimostrato per la prima volta come l’esposizione di cardiomiociti ventricolari adulti a campi magnetici di frequenza estremamente bassa (ELF-MF) fosse in grado di portare alla modulazione trascrizionale di un sistema endorfinergico di molecole segnale, essenziali nella regolazione della crescita miocardica, degli andamenti oscillatori del calcio citosolico e della sensibilità dei miofilamenti al calcio, elemento quest’ultimo fondamentale nella regolazione della contrattilità miocardica. Abbiamo anche scoperto che l’esposizione a ELF-MF induce la trasformazione di cellule staminali embrionali (ES) murine in cellule miocardiche terminalmente differenziate caratterizzate da attività contrattile spontanea.
Più recentemente, abbiamo scoperto che campi radioelettrici di 2,4 GHz possono essere opportunamente convogliati a cellule in coltura mediante un Radio Electric Asymmetric Conveyer (REAC). La tecnologia REAC genera nei tessuti microcorrenti elettriche in risposta al campo magnetico che vengono convogliate con una particolare sonda al tessuto oggetto di trattamento, senza limiti di profondità, producendo una corrente risultante anch’essa convogliata attraverso la sonda nell’area di interesse. Questo processo si traduce in una ottimizzazione della polarità cellulare (cell polarity) elemento essenziale nel mantenimento dello stato di salute cellulare, come riportato in dettaglio più avanti. Questa strategia innovativa si è dimostrata in grado di indurre notevoli effetti biologici a molti livelli interconnessi, dalla modulazione dell’espressione genica e proteica fino al rimodellamento strutturale e funzionale cellulare, portando ad una elevata resa di differenziamento in senso cardiaco, vascolare, neuronale e muscolare scheletrico, sia in cellule ES murine che in cellule staminali mesenchimali umane derivate da tessuto adiposo (hADSC). Abbiamo scoperto che il differenziamento verso le stesse tipologie cellulari poteva essere addirittura indotto mediante esposizione a REAC in fibroblasti umani cutanei. Per la prima volta, cellule somatiche non-staminali umane adulte sono state riprogrammate verso destini ai quali non sarebbero mai altrimenti andate in contro. Tutto questo senza l’utilizzo di tecniche di trasferimento genico mediante vettori virali, potenzialmente rischiose, e senza l’impiego di molecole chimiche costose e legate a procedimenti complessi di sintesi. Inoltre, la riprogrammazione delle cellule somatiche mediante tecnologia REAC ha comportato un aumento transiente dell’espressione di geni di staminalità, seguito dalla loro inibizione trascrizionale, senza congelare le cellule esposte in intermedi simil-embrionali, cosa che può comportare la persistenza di elementi cellulari soggetti ad una deriva tumorale.
Un dato di notevole interesse è il fatto che l’esposizione di hADSC a campi elettromagnetici convogliati con REAC è risultata in grado di invertire la senescenza staminale in vitro. In particolare, in hADSC soggette ad invecchiamento in vitro mediante coltura prolungata (oltre 90 giorni), il trattamento con REAC ha significativamente diminuito il numero di cellule staminali esprimenti “_-galattosidasi associata a senescenza”, un maker di invecchiamento cellulare. Il trattamento con REAC è stato in grado di migliorare l’espressione del gene TERT, che codifica per il nucleo catalitico della telomerasi, aumentando la lunghezza dei telomeri, con il pieno recupero del potenziale differenziativo nelle hADSC esposte. L’effetto antiinvecchiamento del REAC ha anche coinvolto l’attivazione di un percorso telomerasi-indipendente, portando ad un aumento della trascrizione di Bmi-1 e dei geni della staminalità, nonché delle proteine da questi codificate . L’aver scoperto di poter utilizzare energie fisiche per agire su vie telomerasi-indipendenti e telomerasi-dipendenti, ottimizzando la capacità delle cellule staminali di far fronte al progredire dell’invecchiamento, può avere importanti implicazioni biomediche. Infatti, le cellule staminali, come qualsiasi altra cellula del corpo, vanno in contro a senescenza, e questo ostacola il loro potenziale differenziativo e di auto-rinnovamento, spiegando anche il declino associato all’età nella potenzialità di auto-guarigione dei tessuti e degli organi. Inoltre, la senescenza indotta da prolungata espansione delle cellule staminali in vitro, come accade quando si cerca forzatamente di aumentarne il numero prima di un trapianto, ostacola seriamente l’espressione di pluripotenza/multipotenza, portando ad un declino costante nel repertorio e nella resa dei processi differenziativi. La capacità del REAC di agire come una “macchina del tempo” sulla cronobiologia delle cellule staminali può impostare le basi per approcci futuri di ringiovanimento dei tessuti e può ottimizzare il risultato terapeutico del trapianto di cellule staminali espanse in vitro. Completando il quadro delle possibili applicazioni di campi elettromagnetici in diversi contesti della medicina rigenerativa, l’esposizione a campi radioelettrici mediante REAC ha consentito di realizzare un differenziamento morfo-funzionale in senso neurologico in cellule PC12, una linea tumorale di feocromocitoma di ratto che ricapitola caratteristiche metaboliche del morbo di Parkinson. L’azione del REAC è stata mediata dalla attivazione trascrizionale di geni neurogenetici, come neurogenina-1, _3-tubulina e Nerve Growth Factor (NGF), ed è stata associata ad un aumento costante del numero di cellule che esprimono sia _3-tubulina che tirosina idrossilasi.
I nostri ultimi studi dimostrano che l’effetto anti-invecchiamento indotto in cellule staminali dall’esposizione a campi elettromagnetici poteva essere marcatamente contrastato dal pretrattamento cellulare con un inibitore dell’enzima Ialuronan Sintasi di tipo 2, enzima battistrada nella sintesi intracellulare di acido ialuronico. L’acido ialuronico e i glicosaminoglicani sono elementi essenziali nel mantenimento della polarità cellulare. Questa sta emergendo come una proprietà fondamentale dello stato di salute cellulare, essendo il risultato della modulazione di flussi ionici, delle dinamiche oscillatorie dei microtubuli a livello del citoscheletro e del nucleoscheletro e della stessa asimmetria con cui le cellule strutturano diversamente la loro porzione basale da quella apicale e da quelle che formano contatti con le cellule circostanti. La polarità cellulare è essenziale nella modulazione fisiologica dei processi di pluripotenza, differenziamento e invecchiamento delle cellule staminali, come mostrato anche dal fatto che una alterazione della polarizzazione cellulare si associa costantemente a malattie, processi patologici di invecchiamento e cancro. Questi risultati indicano che la risposta delle cellule staminali all’energia fisica convogliata mediante un campo elettromagnetico possa sottintendere il ripristino di una condizione, la polarità cellulare, in virtù della quale le cellule sono in grado di ottimizzare i loro processi trascrizionali e informazionali. Dalla loro sincronizzazione ed evoluzione in ritmi coerenti dipende ciò che noi definiamo stato di salute cellulare, che nelle cellule staminali potrebbe coincidere con la massima espressione di pluripotenza, potenzialità differenzativa e capacità di resistere a processi di senescenza, e quindi nel recupero di un potenziale intrinseco di autoguarigione. Nel complesso, quanto si sta scoprendo sulla segnalazione biofisica cellulare offre un indizio per reinterpretare i nostri approcci futuri alla medicina rigenerativa, indicando come le energie fisiche possano essere convogliate a cellule staminali e somatiche per reclutarle in un programma di autoguarigione in tessuti danneggiati.
In questo contesto, abbiamo dimostrato e brevettato per la prima volta la capacità delle cellule di esprimere profili vibrazionali del loro stato di salute e del loro multiforme repertorio differenziativo. Una gran varietà di processi biologici si basa sulle proprietà nanomeccaniche delle strutture subcellulari, come la rete microtubulare e, più in generale, del citoscheletro e nucleoscheletro, il cui intrinseco comportamento ritmico conferisce caratteristiche di connettività e modalità di sincronizzazione che possono essere trasmesse e registrate fino al livello della superficie cellulare. L’AFM può essere utilizzato per acquisire informazioni sulle proprietà nanomeccaniche cellulari, consentendo di identificare firme vibrazionali che possono essere utilizzate per indurre differenziamenti specifici in cellule staminali indifferenziate.
Nel complesso, dall’analisi di queste scoperte emerge una nuova visione della biologia cellulare capace di generare nuovi approcci terapeutici basati sull’impiego di energie fisiche (campi elettromagnetici, vibrazioni del suono, luce) per raggiungere direttamente le cellule staminali dove queste si trovano in vivo, in qualsiasi tessuto del nostro corpo (cellule staminali tessuto-residenti). A causa della natura diffusiva di queste energie, la riprogrammazione delle cellule staminali potrà essere effettuata in situ aprendo la strada ad una medicina rigenerativa basata sulla stimolazione della naturale capacità dei tessuti di sviluppare percorsi di autoguarigione, senza la necessità di trapianto di cellule staminali.
(Pubblicato da anmdoNews, Anno XIV, n.4/16 - "La medicina rigenerativa oggi", Carlo Ventura e Stefano Zanasi)
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