Narcolessia: come riconoscere i sintomi

Il 22 settembre 2022 si celebra la Giornata Mondiale della Narcolessia, l’iniziativa nata con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e popolazione su una patologia poco conosciuta e favorire la diagnosi precoce.

La narcolessia è un disturbo del sonno caratterizzato da un’eccessiva sonnolenza nelle ore di veglia, con episodi ricorrenti e incontrollati di sonno. Secondo i dati riportati nel 2021 dall’Associazione Italiana per la Medicina del Sonno (AIMS), colpisce 4-5 persone su 10.000 abitanti, per un totale 27.000 pazienti circa in Italia, anche se le diagnosi accertate sono notevolmente inferiori (tra le 1.000 e le 2.000).

Vediamo insieme come riconoscere i sintomi di questa malattia neurologica, non di facile diagnosi, e quali sono i trattamenti disponibili.

Quali sono i sintomi e come riconoscerli

La narcolessia interessa senza distinzione uomini e donne, perdura durante tutto l’arco della vita iniziando tipicamente a manifestarsi durante la pubertà con una età di esordio compresa tra i 15 e i 30 anni. È una malattia cronica, che dura tutta la vita. Non si tratta di una malattia mortale, ma può essere pericolosa se gli episodi si verificano durante la guida, l’uso di macchinari o attività simili.

Il sintomo principale, che si manifesta in tutte le persone che ne soffrono, è l’eccessiva sonnolenza o episodi incontrollati e ricorrenti di sonno durante le consuete ore di veglia.

A questi sintomi possono affiancarsi (difficilmente tutti insieme, in quanto la concomitanza si verifica solo nel 10% dei casi) altri segnali quali:
  • Cataplessia, un’improvvisa e transitoria perdita di tono muscolare
  • Allucinazioni ipnagogiche, cioè durante il sonno
  • Allucinazioni ipnopompiche, durante la veglia, prima di addormentarsi o al risveglio
  • Paralisi nel sonno
  • Disturbi del sonno notturno, tra cui lo svegliarsi frequentemente o l’esperienza di sogni vividi e scioccanti.
Diversi di questi sintomi, soprattutto debolezza muscolare e paralisi, si verificano normalmente in un individuo sano nella fase del sonno REM (fase di sonno profondo caratterizzata da movimenti oculari rapidi e involontari - i Rapid Eye Movement, appunto - e da fluttuazioni dell’attività cerebrale e muscolare).

Le possibili cause

Le cause dell’insorgenza della narcolessia non sono ancora state accertate ad oggi. Diversi studi ipotizzano che all’origine possano concorrere fattori genetici, ambientali e stress, altri indicherebbero una reazione autoimmune, ma nessuna delle ipotesi è ancora stata confermata scientificamente.

Come si arriva a una diagnosi

Per prima cosa bisogna escludere le varie condizioni che possono causare sonnolenza diurna come ad esempio insonnia e altri disturbi del sonno, sindrome delle gambe senza riposo, sindrome delle apnee nel sonno e altre malattie neurologiche o psichiatriche.

In caso di presenza di sintomi, per arrivare a una diagnosi di narcolessia, il medico specialista si avvale, dopo l’anamnesi del paziente, di due esami di approfondimento, eseguiti in ordine a un giorno di distanza:
  • La polisonnografia
  • Il test delle latenze multiple del sonno.
La polisonnografia si esegue durante la notte, in una stanza dotata di tutti i comfort per il paziente (letto, luci, toilette) e consiste nel monitorare, attraverso l’applicazione di elettrodi le attività di:
  • Cervello (con l’elettroencefalogramma)
  • Cuore (con l’elettrocardiogramma)
  • Muscoli (con l’elettromiografia)
  • Respirazione (con la clip per la registrazione dei livelli di ossigeno).
Il test delle latenze multiple del sonno (MLST) invece si esegue in un laboratorio del sonno il giorno dopo la polisonnografia. Il paziente viene monitorato durante 5 brevi sonni a distanza di due ore l’uno dall’altro, per verificare la velocità con cui si addormenta e rilevare eventuali fasi REM.

Incrociando i dati dei due esami il medico riesce ad arrivare a un'eventuale diagnosi di narcolessia.

Quali sono i trattamenti

Ad oggi non è possibile trattare in maniera definitiva la narcolessia, l’obiettivo del trattamento è quello di controllare i sintomi, il paziente conviverà quindi con la patologia per tutta la vita. Nonostante questo, grazie a una serie di buone pratiche e alla terapia farmacologica, è possibile condurre una vita normale e di buona qualità. Adeguamenti nello stile di vita e di apprendimento per far fronte alle emozioni e altri effetti della malattia possono migliorare il funzionamento del lavoro e delle attività sociali.

Gli specialisti consigliano ai pazienti di dormire un sonno regolare la notte e di programmare brevi “pennichelle” durante la giornata. È, inoltre, opportuno, specialmente in chi soffre di cataplessia, evitare risate e forti emozioni.

Qualora la situazione necessiti di terapia farmacologica, vengono impiegate categorie di farmaci che mirano a ridurre la sonnolenza o stimolanti.
 
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Revisione medica a cura di: Dott.ssa Giulia Milioli
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