Al Maria Cecilia Hospital di Cotignola due psicologhe al fianco di pazienti e familiari

La differente concezione fra “curare” e “prendersi cura” del malato è una delle nuove sfide della sanità. Anche in questa direzione il Gruppo Villa Maria mostra una particolare sensibilità: da diversi anni il Maria Cecilia Hospital di Cotignola, per “prendersi cura” del paziente nella sua complessità, ha avviato un servizio gestito dalle psicologhe Cinzia Cesari e Sara Milani, che si fanno carico degli aspetti psicologici ed emotivi del malato e dei familiari che lo accompagnano nel percorso terapeutico in ospedale.

Perché due psicologhe in un Ospedale?

«Il paziente – spiegano le dottoresse Cinzia Cesari e Sara Milani – entra in ospedale con un forte carico emotivo: un insieme di ansie, aspettative e concezioni a volte errate sul proprio problema di salute, in grado di alterare il senso di identità e il naturale andamento della sua vita. L’evento malattia, in particolare quando rende necessario un intervento chirurgico, può presentarsi come un elemento dirompente nella vita della persona e della sua famiglia. L’individuazione di una cura efficace, la riuscita di un intervento chirurgico non garantiscono di per sé il processo di guarigione che deve coniugare il recupero di una adeguata integrità fisica con il raggiungimento di un buon livello di benessere psicologico e di qualità di vita. Conosciamo tutti la definizione che l’OMS diede alla salute nel 1948: uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non solo assenza di malattia. E’ in tal senso che noi psicologhe lavoriamo coniugando la nostra professionalità in collaborazione con il personale medico e infermieristico. Anche il medico più attento agli aspetti umani non può assorbire le ansie e le preoccupazioni del paziente e del familiare, altrimenti rischia di non focalizzarsi in modo adeguato sugli aspetti più tecnici. E’ lì che entriamo in gioco noi prendendo in carico non solo il paziente per questi aspetti ma anche il suo familiare, spesso visto come un “intralcio”, che invece ha una parte rilevante nel processo di guarigione. L’importanza del sostegno psicologico rivolto al familiare è emersa anche da uno studio da noi svolto nel 2009 nel reparto di Riabilitazione Cardiologica: al termine del percorso di riabilitazione, i pazienti hanno riportato una riduzione significativa del disagio psicologico con un mantenimento dei risultati al follow-up di sei mesi. Mentre nei familiari è stato riscontrato un miglioramento nella dimensione del benessere legata all’autonomia alla conclusione del programma ma un peggioramento della qualità dei rapporti interpersonali al follow-up».

Com’è strutturata la vostra attività?

«Pur muovendoci su richiesta nell’intera struttura, seguiamo soprattutto la Linea del Cuore – i reparti di Riabilitazione Cardiologica, Cardiochirurgia, Cardiologia e Terapia Intensiva. In linea con i principi esposti cerchiamo di rispondere alle varie esigenze di ordine individuale, anche su segnalazione del personale, direttamente nelle camere di degenza per colloqui o dando disponibilità oraria nel nostro studio. Nella fase preoperatoria all’intervento cardiochirurgico, circa una settimana prima, quando il paziente prende contatto con la nostra struttura, con un primo colloquio cerchiamo di prepararlo psicologicamente al percorso che lo aspetta. Per ottimizzare al meglio il nostro intervento abbiamo poi pianificato delle attività strutturate in gruppo a cadenza settimanale: gruppi di psicoeducazione e modificazione dello stile di vita, tecnica di rilassamento, riabilitazione cognitiva e “terapia occupazionale”, mentre per i familiari sono previsti incontri di gruppo di supporto psicologico oltre alla possibilità di partecipare alle attività previste per i pazienti. In tal modo cerchiamo per stimolare i pazienti a prendersi cura attivamente della loro salute. Le statistiche dicono che buona parte dei pazienti, una volta dimessi dagli ospedali, non aderiscono alle prescrizioni del medico, rischiando di compromettere il buon esito di un intervento medico. E’ importante porre attenzioni agli aspetti relazionali e comunicativi dell’équipe, per facilitare il passaggio dalla semplice obbedienza del paziente al trattamento medico, alla sua partecipazione attiva nella gestione della propria salute nel lungo termine. Infine, attraverso la “terapia occupazionale” vengono svolti lavori creativi in un clima sereno, facendo sì che l’ospedale non venga vissuto unicamente quale luogo di sofferenza, ma contesto ove poter esprimere istanze positive».

Quale risposta avete da pazienti e familiari?

«Durante le nostre riunioni di gruppo con pazienti e familiari, riusciamo a creare un bel clima interno. D’altronde va ricordato che in ospedale ci si sostiene spesso a vicenda e nascono delle forti amicizie. Nei cambiamenti in atto nel sistema sanitario nazionale, l’utente diventa l’elemento centrale di ogni attività sanitaria. In particolare le aspettative e la soddisfazione degli utenti vengono considerati tra gli indicatori di efficacia e della qualità di un intervento o servizio. Non bisogna dimenticare che i pazienti non sono in grado di giudicare la qualità dell’operazione chirurgica effettuata su di loro, per cui spesso giudicano la struttura ospedaliera nella quale sono stati curati sulla base di aspetti emotivo-relazionali: la gentilezza di un’infermiera, il calore umano di un medico, il sostegno di una psicologa».

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